Un mese. Un’eternità e un istante. È davvero trascorso un mese dalla folle sparatoria che ha spezzato le giovani vite dei tre monrealesi – Masino, Salvo e Andrea – ma il cuore della città sanguina come se fosse ieri. Monreale non ha ancora elaborato del tutto il lutto, avvolta in un sudario di incredulità e dolore. La comunità è ancora attonita, disperata, incapace di comprendere come i suoi tre figli, ragazzi nel fiore degli anni, siano stati strappati alla vita da un atto tanto assurdo quanto imprevedibile, proprio qui, nella “nostra città”, un luogo che credevamo sicuro.
Le strade, un tempo percorse dalle loro risate e dai loro sogni, ancora di notte riecheggiano di un silenzio assordante. Ogni angolo, ogni piazza, sembra custodire la loro presenza, rendendo l’assenza ancora più tangibile, più dolorosa. La “Strage di Monreale”, come ormai viene tristemente chiamata, ha inferto una ferita profonda non solo ai corpi, ma all’anima stessa della collettività.

Non ci sarà mai vera consolazione a Monreale, nemmeno quando ogni responsabile sarà assicurato alla giustizia, processato e condannato. Perché nessuna sentenza potrà restituire Masino, Salvo e Andrea all’abbraccio dei loro cari, né cancellare l’orrore di quella notte. A un mese da quel baratro di violenza, i cuori di tutti noi sono ancora intrisi di una tristezza cupa e di una paura sottile, che si insinua nei pensieri e appesantisce i giorni.
Di parole ne sono state dette tante, forse troppe, forse nessuna in grado di scalfire il muro di angoscia. Ma il pensiero, unanime e costante, si rivolge alle famiglie dei tre ragazzi. Famiglie che da trenta giorni, trenta albe e trenta tramonti, non vedono i loro figli varcare la soglia di casa, non sentono le loro voci, non incrociano i loro sguardi. Un vuoto che si fa voragine, un dolore che sfida ogni tentativo di razionalizzazione. Come si fa ad accettare una cosa simile? Come si può spiegare l’inspiegabile, il sacrificio di vite innocenti sull’altare di una violenza cieca?
La domanda resta sospesa, pesante come un macigno. Monreale si è stretta attorno ai suoi “tre angeli”, cercando conforto nella preghiera e nella condivisione del dolore, come testimoniato dalle fiaccolate e dai momenti di raccoglimento.
La comunità cerca di andare avanti, ma dimenticare è impossibile. Il ricordo di Masino, Salvo e Andrea – descritti come ragazzi tranquilli, lavoratori, legati alle loro famiglie e ai loro amici – deve diventare un monito. La loro tragica scomparsa ha acceso un faro sulla fragilità della sicurezza e sulle tensioni sociali che possono sfociare in atti irreparabili.
Mentre si attende che la giustizia faccia il suo corso, con i primi fermi e le indagini che proseguono per fare piena luce sulla dinamica e su tutti i responsabili, Monreale resta una città ferita. Una città che piange i suoi figli e che, forse, non sarà più la stessa. Ma è nel ricordo vivo di Masino, Salvo e Andrea, nella solidarietà e nella richiesta corale di giustizia e di un futuro più sicuro, che la comunità può trovare la forza per non soccombere alla disperazione e per onorare veramente la loro memoria. Perché, come recitava uno striscione durante una delle commemorazioni, “Nessuno muore nel cuore di chi resta”.