Monrealexit, 250 monrealesi al voto per passare a San Giuseppe Jato
Domenica 6 luglio 5 contrade di Monreale votano per l’annessione a San Giuseppe Jato. Il PD accusa: “Anni di abbandono”

Monreale – “Questo referendum è la spia accesa di un disagio che non possiamo più ignorare. Le nostre frazioni periferiche sono state per anni dimenticate e bistrattate”. Le parole sono pietre e a scagliarle è Raimondo Burgio, neoeletto alla guida del circolo del Partito Democratico di Monreale. La sua non è una semplice dichiarazione, ma un atto d’accusa frontale che infiamma il clima attorno al voto di domenica.
Il neosegretario dem affonda il colpo: “Stigmatizzo con forza il disinteresse di questa amministrazione, che ha trattato centinaia di cittadini come se fossero di serie B. È inconcepibile”. La denuncia è quella di una cittadinanza a due velocità: da un lato i doveri, con tasse regolarmente pagate; dall’altro i diritti, sistematicamente negati. “Abbiamo attinto alle risorse economiche di queste comunità senza restituire in servizi, ascolto o dignità. Questa amministrazione, presente solo per riscuotere e mai per servire, perde legittimità”. Un’analisi severa che definisce il referendum non come una fuga, ma come un grido d’aiuto.

Al centro di questa tempesta politica ci sono loro: i 250 residenti delle contrade Dammusi, Signora, Bommarito, Ginestra e Traversa. Domenica 6 luglio, dalle 7 alle 22, saranno chiamati a una scelta storica presso i seggi allestiti a Pioppo e Grisì. Il quesito è diretto: decidere se rimanere sotto l’egida di Monreale o passare sotto l’amministrazione del vicino comune di San Giuseppe Jato.
In palio non c’è solo un’appartenenza amministrativa, ma un territorio di 2.155 ettari che la città normanna potrebbe dover cedere. La consultazione è il punto di arrivo di un percorso lungo e travagliato, che ora mette i cittadini di fronte a una decisione che potrebbe ridisegnare la mappa locale e, soprattutto, il loro futuro.
La giornata di domenica non nasce dal nulla. È il culmine di una battaglia di determinazione civica e competenza tecnica e legale durata ben dodici anni. L’iter fu avviato dall’allora amministrazione comunale di San Giuseppe Jato, guidata da Davide Licari, che trovò il sostegno dell’intero consiglio comunale.
A portare avanti l’istanza con tenacia è stato il “Comitato per il riordino dei confini”, composto da cittadini che vivono in quelle terre di confine. Il loro percorso è stato segnato da un’opposizione istituzionale e da una fondamentale vittoria in tribunale. Con il patrocinio gratuito degli avvocati Francesco Miceli e Luciano Romeo, il comitato ha ribaltato davanti al TAR e al CGA la decisione iniziale della Regione, che voleva far votare tutti i cittadini di entrambi i comuni, ottenendo il diritto di voto per i soli residenti delle aree interessate. Un contributo essenziale è venuto anche dai tecnici Giuseppe Macaluso, Raffaele Basile e Giuseppe Italiano, che hanno prestato gratuitamente la loro opera di progettazione.
L’esito del voto non è scontato. La sfida principale, infatti, sarà il raggiungimento del quorum del 50% più uno degli aventi diritto. Senza la partecipazione della maggioranza, la consultazione resterà lettera morta.
Ma al di là del risultato che uscirà dalle urne, la vicenda ha già inviato un messaggio inequivocabile. “Qualunque sarà l’esito della votazione, una cosa è certa: non possiamo più permetterci di voltare lo sguardo”, avverte Burgio. Il suo è un appello a un radicale cambio di passo, che rimetta le periferie e i loro abitanti al centro dell’agenda politica. “Quando perdiamo il contatto con chi vive ai margini, perdiamo pezzi di comunità”. Un monito che da Monreale si estende a tutto il panorama politico, chiamato a ricordare che i diritti dei cittadini non possono e non devono fermarsi ai confini del centro urbano.